Amy Berg

Documentario

Amy Berg Janis: Little Girl Blue


2015 » RECENSIONE | Documentario | Musicale
Con Janis Joplin



10/10/2015 di Paolo Ronchetti
   Dell’icona rock degli anni Sessanta scomparsa a soli 27 anni scopriamo un lato mai visto attraverso le sue lettere scritte alla famiglia, agli amici e agli amanti. Le tormentate relazioni sentimentali, la passione per la musica e la dipendenza dalle droghe ricompongono, senza filtri e censure, la complicata esistenza dell’artista, mostrando anche il suo lato più sensibile. Un’emozione unica per lo spettatore vederla cantare di nuovo sul palco

   Viene voglia di chiedere al tempo di girare con velocità e direzione diversa, viene da chiedersi se il destino avesse potuto cambiare se, ad esempio, “QUELLA” lettera fosse stata recapitata e letta subito invece di giacere per sbaglio nella hall di un motel. Viene in voglia di chiedersi se quella vocalità così intensa fosse solo un dono della natura o il frutto di una sofferenza che diventava passione. Viene voglia di riascoltare con più calma, appena arrivati a casa un po’ tutto il suo lavoro, partendo da Pearl per provare ad intuire come e dove “quella” voce ci avrebbe potuto portare.

   Ma ripartiamo dall’inizio! Il Rockumentario Janis, presentato in Italia Fuori Concorso al Festival di Venezia e alle Vie del Cinema di Milano a fine Settembre, non prende scorciatoie e non ha colpi di regia straordinari. Semplicemente, con rigore e affetto unici, ripercorre la vita della Joplin dalla nascita alla morte. Lo fa con un rigore che ci permette di entrare dritti nella vita personale e artistica dell’artista di Port Arthur. Lo fa frugando nella storia di Janis. Partendo dalle foto, dalle lettere e dai telegrammi. Frugando negli archivi per trovare i filmati più introvabili e parlando con chi c’era ed era vicino a lei (musicisti, affetti e famiglia) in quella manciata di anni. Ciò che ne viene fuori è un racconto incentrato soprattutto sulla Janis Joplin donna e non solo sulla musicista che tutti, più o meno amiamo o conosciamo. Una donna la cui vita spesso si faceva carne nel suo modo di intendere la musica e nella sua voce. Ed è interessante e stordente quanto, vedendo questo film, si possano vedere le tante (troppe?) tragiche analogie con quello che è stato raccontato di Amy Winehouse nel film in programmazione negli stessi giorni in cui ho visto questo Janis. “Banalmente”, nello stesso desiderio di non morire - espresso chiaramente dalle due cantanti poco prima della loro tragica fine - ma soprattutto in quanto i testi delle due artiste avessero a che fare con la loro biografia. Di come le parole, attraverso la loro voce, non fossero soltanto “testo” ma divenissero “biografia” e “racconto” intimo continuamente in trasformazione.

   E tra i meriti della regista Amy Berg c’è il mostrarci, con una semplicità disarmante attraverso il montaggio, il grande, e mai troppo sottolineato, debito ispirativo di Janis con la vocalità di Otis Redding. Nell’instante esatto in cui Otis compare cantando, la vocalità della Joplin assume su di se il peso e l’onore di una storia, quella del soul e del rock and roll, che non potrà in nessun modo essere cancellato nella sua grandezza e importanza.

   Ps: Attenzione! Rimanete sino alla fine dei titoli di coda... ne varrà la pena!

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