Amy Berg Janis: Little Girl Blue
2015 » RECENSIONE | Documentario | Musicale
Con Janis Joplin
10/10/2015 di Paolo Ronchetti
Viene voglia di chiedere al tempo di girare con velocità e direzione diversa, viene da chiedersi se il destino avesse potuto cambiare se, ad esempio, “QUELLA” lettera fosse stata recapitata e letta subito invece di giacere per sbaglio nella hall di un motel. Viene in voglia di chiedersi se quella vocalità così intensa fosse solo un dono della natura o il frutto di una sofferenza che diventava passione. Viene voglia di riascoltare con più calma, appena arrivati a casa un po’ tutto il suo lavoro, partendo da Pearl per provare ad intuire come e dove “quella” voce ci avrebbe potuto portare.
Ma ripartiamo dall’inizio! Il Rockumentario Janis, presentato in Italia Fuori Concorso al Festival di Venezia e alle Vie del Cinema di Milano a fine Settembre, non prende scorciatoie e non ha colpi di regia straordinari. Semplicemente, con rigore e affetto unici, ripercorre la vita della Joplin dalla nascita alla morte. Lo fa con un rigore che ci permette di entrare dritti nella vita personale e artistica dell’artista di Port Arthur. Lo fa frugando nella storia di Janis. Partendo dalle foto, dalle lettere e dai telegrammi. Frugando negli archivi per trovare i filmati più introvabili e parlando con chi c’era ed era vicino a lei (musicisti, affetti e famiglia) in quella manciata di anni. Ciò che ne viene fuori è un racconto incentrato soprattutto sulla Janis Joplin donna e non solo sulla musicista che tutti, più o meno amiamo o conosciamo. Una donna la cui vita spesso si faceva carne nel suo modo di intendere la musica e nella sua voce. Ed è interessante e stordente quanto, vedendo questo film, si possano vedere le tante (troppe?) tragiche analogie con quello che è stato raccontato di Amy Winehouse nel film in programmazione negli stessi giorni in cui ho visto questo Janis. “Banalmente”, nello stesso desiderio di non morire - espresso chiaramente dalle due cantanti poco prima della loro tragica fine - ma soprattutto in quanto i testi delle due artiste avessero a che fare con la loro biografia. Di come le parole, attraverso la loro voce, non fossero soltanto “testo” ma divenissero “biografia” e “racconto” intimo continuamente in trasformazione.
E tra i meriti della regista Amy Berg c’è il mostrarci, con una semplicità disarmante attraverso il montaggio, il grande, e mai troppo sottolineato, debito ispirativo di Janis con la vocalità di Otis Redding. Nell’instante esatto in cui Otis compare cantando, la vocalità della Joplin assume su di se il peso e l’onore di una storia, quella del soul e del rock and roll, che non potrà in nessun modo essere cancellato nella sua grandezza e importanza.
Ps: Attenzione! Rimanete sino alla fine dei titoli di coda... ne varrà la pena!
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