Zeman Non abbiamo mai vinto un cazzo
2017 - To Lose La Track
Oltre alla personale esperienza pluridecennale con la letteratura contemporanea, allo stesso modo mi accade con la musica nostrana di oggi. Ci sono etichette, che ho ben presente nella mente, che raramente, negli anni, mi hanno deluso. Penso alla finezza di un catalogo ridotto e estremamente scelto come La Barberia Records oppure, come in questo caso, al vastissimo e scintillante catalogo di To Lose La Track. Gli Zeman sono uno dei frutti – più che saporiti – di quest’ultima famiglia.
Già il titolo di questo nuovo e ultimo album la dice lunga: Non abbiamo mai vinto un cazzo. No, non è un lamento. In realtà a loro sembra importare davvero poco. Anzi, come ogni vero incompreso, gli Zeman ne fanno a tratti un vanto. Ci si immerge così, quasi senza rendersene conto, nella ipnotica Insoddisfazione: la presa di coscienza di non aver mai avuto sufficienti riconoscimenti c’è e tocca nel profondo, provocando uno scontento che è difficile fingere di non percepire. Eppure il sapore che resta non è amaro. Devi solo farmi male e Smettila di smettere rappresentano un dittico cinico sulla labilità delle cose di oggi. Mi stupisce poi come queste tematiche ritornino in Le cose più strane, in cui si fa presente che tutto è per come è. La ricorrenza però non riguarda solo il livello testuale, ma anche e soprattutto quello armonico. Si avverte una certa maturità che negli album precedenti era minore. Soprattutto per la scelta di mantenere un binario e quindi un’identità che negli anni si è fatta sempre più evidente e concreta. Ci si sofferma quindi senza scampo sulla mancanza che si riscontra di più oggi: l’assenza di un percorso. Non importa più come si raggiungono le cose, ma ciò che importa sono le cose stesse e niente altro. I testi turbano quindi, ma nel modo più dolce possibile, come in Ada e in La rivoluzione che scindono in due, come in uno specchio, un disco che colpisce per la fedeltà degli intenti.
Il punk si fonde alla new-wave e per Zeman non è certo la prima volta. La soddisfazione c’è, ma lo dico perché non gli si può non voler bene e tacere: anche se personalmente vorrei vedere una crescita maggiore da parte di una band che inizia ad accumulare anni di esperienza. Ancora di più se si tratta di un progetto che ha tutte le potenzialità per diventare capofila di un genere che ultimamente e grazie a tante scoperte, nuove e meno – non poche scaturite dalla stessa To Lose Lo Track: basta sfogliarne il catalogo per accorgersene – sta riacquistando nuova vitalità. L’etichetta qui, nel caso di Zeman, accoglie al meglio un buon lavoro e lo valorizza. Non posso dirmi totalmente pago solo per la presenza di alcune tracce come Breve storia di un concerto di merda e Se niente importa, per certi tratti esageratamente già sentite e forse troppo distaccate da tutto resto. Ma è in Non ci troveranno che gli Zeman raggiungono ciò che vorrei incontrare più spesso, e più che si possa, nei prossimi e futuri lavori. Una maturità che c’è, esiste, è solo come dietro l’angolo, meravigliosamente latente. L’attesa della consacrazione – vittoria o non vittoria che sia – è il gusto stesso del saper continuare su un binario che è bello e sincero e può esserlo ancora di più.