Concordo con i Törst! Il loro nuovo album, “Po (p) tential”, è un disco po (p) tenziale (bella la trovata del titolo), che nelle sue camaleontiche sfumature può insinuarsi con facilità nelle nostre teste come un’orecchiabile canzoncina o sedurci con una complessa (in realtà) architettura sonora, invogliandoci ad ulteriori ascolti per cogliere tutte le sue sfaccettature. Il pop latente di questo lavoro non lo si trova solamente nascosto tra le sue cinque tracce, ma è anche espressione concettuale della musica del nono disco del gruppo salernitano. D’altronde la copertina del package non lascia scampo a dubbi. In bella mostra c’è infatti “The melody haunts my reverie”, uno dei famosi quadri di Roy Lichtenstein, tra i più importanti esponenti della Pop Art, la quale (passatemi l’estrema semplificazione) non è altro che una forma d’espressione artistica popolare, non accademica, che attinge a istanze semantiche preesistenti. Un po’ come l’album dei Törst, dove elementi di musica folk (nell’accezione meno tradizionale del termine) ed elettronica, entrati a far parte del nostro background culturale da tempi più o meno lunghi, si mescolano per dar vita ad un disco pop, non tanto dal punto di vista di forma quanto di concetto.
Che questo genere musicale sia una vera e propria fucina di sperimentazione ce lo dimostra la grande quantità di band, soprattutto del Nord Europa e del Nord America, che lo usano come mezzo per sbrigliare la propria creatività. In “What Really Matters” spunta l’elettronica minimale degli islandesi Múm, un rete di glitch nella quale s’aggrovigliano melodici arpeggi di chitarra acustica. “In The Long Run” rimanda ai melanconici intrecci electro-folk degli Arab Strap (altra band nordica, scozzese per l’esattezza) ed anche il canto somiglia, per approccio, alla voce pacata, notturna ed un po’ ubriaca di Aidan Moffat.
In chiusura, l’onirica “Keen On Me” stordisce con il suo verse reiterato dall’incedere lento, una sorta di Low in versione acustica.
In ogni modo, che sia pop minimale, post rock o electro-folk si ha la sensazione di aver tra le mani un ottimo lavoro ed è un peccato che una band così eclettica e meritevole, attiva oramai dal 1997, sia costretta ancora ad autoprodursi. Se ben supportata avrebbe sicuramente accesso ad un pubblico più ampio di appassionati che la accoglierebbe a braccia aperte.