Patrizia Cirulli Mille Baci
2016 - Incipit / Egea
Voce posizionata nel pentagramma sulle altezze da contralto con un conseguente registro di forte profondità, eccellente dimestichezza con la forma canzone e sensibilità agli arrangiamenti sono le principali caratteristiche di quest’artista.
A questi ingredienti il lavoro in questione aggiunge anche una dimensione culturale interdisciplinare; Patrizia infatti musica e canta 19 composizioni poetiche di diversi autori (per i nomi riferitevi alla track list) tratte dalle sue letture e selezionate in base alle sensazioni trasmessele.
Per quanto possa apparire ovvio il riferimento alle sensazioni è l’elemento fondamentale per la valutazione del disco.
L’artista infatti non propone un’operazione di esegesi delle composizioni ma solo un’interpretazione personale, generata dalle sue percezioni personali e resa concreta dal suo linguaggio musicale.
Accostarsi a questo lavoro aspettandosi una colonna sonora dei poeti selezionati sarebbe un grosso errore e porterebbe molto probabilmente a una delusione.
Il dandy Oscar Wilde, ironico e relativista, avrebbe probabilmente richiesto una vena effimera e new wave piuttosto che l’orditura pop proposta dal basso punteggiato, dal piano in cascata e da crescendi vocali quasi sanremesi. Riduzione dell’artista o rilettura personale? Certamente la seconda, godibile se affrontata senza pregiudizi.
Lo stesso accade con l’episodio Deseo di Lorca. Se ricordassimo l’omaggio che nel 2012 Chávela Vargas fece al poeta andaluso ci troveremmo decisamente agli antipodi. In quel caso le poesie venivano recitate enfatizzando il dramma esistenziale del letterato e la sua forza simbolista, il tutto sulla base di quella “musica jonda” di cui lui era appassionato cultore; qui invece il tutto è alleggerito da un arpeggio sereno e da una verve canora in stile Ana Belen. Tuttavia il rispetto dell’artista è sincero proprio perché Patrizia parte dalle sue sensazioni.
Anche Quasimodo è ripreso aggiungendo musicalità e diluendo quell’ermetismo quasi mistico con cui lui utilizzava le parole.
Analogamente accade per D’Annunzio (Aprile), richiamato nella sua vena estetizzante con un’interpretazione alla Patty Pravo ma virando sul leggero con il break musicale, oppure alleggerito nella sua attitudine dominante da un duetto (Stringiti a me) che corregge la composizione originale creata in prima persona.
Lo spirito “leggero” (in senso positivo, beninteso) delle interpretazioni e degli arrangiamenti appare peraltro molto calzante nella title track Mille Baci di Catullo; la sua poetica imperniata sui sentimenti e sull’attenzione alle situazioni quotidiane, che a suo tempo rompeva con la pesante tradizione epica omerica, si coniuga molto bene con il duetto tra Patrizia e Cattaneo i quali in un primo momento richiamano Mietta / Minghi ma poi, a un ascolto più attento, assumono un carattere meno “gastronomico”.
Interessante sarebbe capire la lettura che l’artista ha dato di Baudelaire, per nulla ripreso nel suo aspetto di prorompente irrazionalità e pessimismo e proposto invece con un’interpretazione assertiva.
Ripetiamo, se l’aspettativa è la celebrazione filologica dei poeti allora l’appuntamento è mancato; se invece si accetta, come è dovuto, l’approccio soggettivo e personale dell’interpretazione i riscontri sono certamente migliori.
Peraltro ci sono episodi in cui entrambi gli aspetti coincidono.
Poema para Diego Rivera (Frida Kahlo) è un brano molto delicato, rigorosamente acustico, con un’interpretazione che richiama la fisicità surreale della poetessa messicana.
La Capra ( Umberto Saba) propone un testo da psicanalisi ben valorizzato da tastiere quasi psichedeliche in equilibrio con un cantato alla Battiato versione pop.
Quanno parlo cu te (Eduardo de Filippo) presenta un violino e un arpeggio che danno corpo alla sobria e profonda spiritualità del grande napoletano, coniugata con momenti di moderata allegria.
Primavera (Trilussa) è musicata con un ¾ triste e melanconico molto adatto alle immagini intense della ruralità romana minacciata dalla seconda guerra mondiale.
Sarebbe divertente diffondersi in un’analisi più dettagliata brano per brano ma si diventerebbe pedanti e tutto sommato ridondanti.
La sostanza è che ci si trova davanti a un progetto interessante, certamente ben vissuto in prima persona dagli artisti coinvolti e ottimamente eseguito; apprezzabile se si evitano rigori di analisi letteraria e sciovinismi da musica “impegnata” .