Giovanni Peli Tutto ciò che si poteva cantare
2012 - Kandisky Records/Audioglobe
#Giovanni Peli#Italiana#Canzone d`autore #Indie-pop #Indie-rock
I testi del cantautore bresciano a loro volta alternano stile aforistico e denso di senso, schegge di quotidiano e un lirismo che si incarna in immagini semplici e affascinanti. L’amore è dipinto ora come assenza e presenza evocata, ora come luogo ormai di cesure silenziose, ora come terreno di disperazione inesausta, ora come gioco di un ricevere e perdere che oblitera le identità e i punti cardinali.
L’indagine introspettiva, individuale e duale, per immagini e pensieri rivolti a destinatari reali o immaginari, si veste di sonorità sperimentali che nell’equilibrio di melodia, delicatezza e ricerca rammentano a tratti Max Gazzè (e talora metricamente il suo padre nobile Franco Battiato), mentre talora, nella fusione di classico e pop, strizzano l'occhio alla pregiata ricetta sonora dei Perturbazione. Tra gli episodi più felici del disco, arrangiato da Peli con Silvio Uboldi, una menzione speciale merita l’invocazione di rara bellezza, via elettronica minimale, Viene la notte, accorata ed insieme asciutta, fragile e dolorosa come vetro, tremula e ferma.
Tra inserti di chitarra elettrica (Incrocio), cenni politico-sociali (sfondo/pensiero di fondo) e i cori di Angela Kinczly, il cantautorato di Giovanni Peli scorre onirico e raffinato (v. ad esempio La piccola ombra e i suoi archi sintetici), realistico e avvolgente, e presenta così spunti di vario interesse, che potrebbero alimentare nuovi, pregevoli affreschi del sentire quotidiano e speciale dell’uomo.