Donald And Jen Macneill Fathers and Sons
2011 - Route 61 Music
Questo Fathers and Sons é un lavoro che riflette in modo totale questi ingredienti mantenendo un solidissimo riferimento alle loro origini.
Musica folk del nord unita ad una componente cantautorale e ad una particolare sensibilità nella produzione promossa da Ed Abbiati e da Roberto Diana, rispettivamente leader e chitarrista dei Lowlands; il gruppo interviene anche nelle parti strumentali grazie alla chitarra di Roby, al violino di Chiara Giacobbe, al basso di Simone Fratti, alla fisa ed alle tastiere di Francesco Bonfiglio ed alla chitarra acustica di Stefano Speroni.
La storia del disco è raccontata da Ed nelle note di copertina, dove ricorda il suo incontro con Donald all’inizio degli anni ’90 durante una vacanza delle remote isole scozzesi alla quale conseguì la passione per la musica del cantautore scozzese, fino al punto di riuscire a produrne questo disco registrato nelle patrie zone del pavese.
Il lavoro manifesta una rara intensità in tutti i suoi aspetti, dalle parole (di capitale importanza) alle musiche, dalle voci agli accorgimenti sia pur essenziali negli arrangiamenti.
Già il titolo costituisce premessa esplicita al senso del disco: padri e figli, la storia di vite che passano e si trasmettono da generazione a generazione secondo meccanismi assolutamente naturali, coerenti con il ritmo delle stagioni ed alieni da distorsioni dell’epoca moderna.
L’ascolto deve passare per una attenta lettura dei testi che rappresentano almeno la metà del significato della proposta; frasi dirette, semplici, cantate nel rotondo accento scozzese così lontano da certe sguaiatezze d’oltreoceano e così coerente con il senso di riflessiva intimità che i brani manifestano. I temi sono tipici e topici: il mare e l’’emigrazione, la lontananza e il desiderio di tornare a casa, il passare del tempo rappresentato dal banco di scuola su cui padri e figli si sono seduti, il valore del rapporto con la compagna dopo che i figli se ne sono andati ( assolutamente da recuperarsi nei nostri tristi giorni di vacuo edonismo), la suprema crudeltà della guerra e l’auspicio che certa fatua politica svanisca senza nemmeno dovere sforzarsi per farla sparire (..just let them fade away).
Ai testi fa da contraltare un approccio musicale essenziale, completamente acustico, sostenuto da arpeggi di chitarra, da interventi del violino ad alto contenuto narrativo, da colorazioni folk della fisa, da pedali del basso utili alla ritmica che vive di vita propria mancando l’apporto di percussioni e batteria; proporremmo The Spencer come pezzo esemplificativo di questo equilibrio strumentale che fa del disco una piccola gemma del folk delle terre alte.
Infine il canto, espresso dalla voce sobria e sincera di Donald e dal timbro quasi affettuoso di Jen, che canta come se parlasse al padre.
Lavoro molto meritorio, ben oltre il semplice giudizio di gradevolezza; disco da ascoltare ma anche da studiare per le sue tante sfumature e per l’esempio di quella sobrietà, semplicità e sincerità così dannatamente assente ma necessaria nei nostri tempi e dalle nostre parti.
Le Highlands si son incontrate con le Lowlands e il risultato é da plauso per tutti, incondizionatamente ed indistintamente.