Sex o’clock<small></small>
• Cantautore, Dark

Anita Lane Sex o’clock

2001 - Mute

03/12/2001 di Andrea Salvi

#Anita Lane #Cantautore

Chi è Anita Lane?
20enne lolita che ci sussurra di “fare quelle cose che facciamo”? 30enne elegantona che passeggia alla periferia della cittadina nella copertina di questo cd? 40enne dal passato tormentato a caccia di avventure insolite? Potrei fermarmi qui, pur cripticamente avrei già detto tutto sul personaggio in questione e sullla sua ultima fatica; ma commetterei inevitabilmente l’errore di ignorare il lato più interessante di questa insolita e geniale anti-star.
Partiamo dagli inizi. Vera e propria musa ispiratrice di Nick Cave già dall’epoca dei famigerati Birthday Party, per i quali scrive alcune fra le più incendiarie liriche dei primi anni ’80, Anita Lane diventa membro effettivo dei Bad Seeds dalla loro formazione, contribuendo a scrivere quelle pietre miliari che sono “From her to eternity” e “Stranger than kindness”. Il sodalizio con Nick Cave continuerà anche al di fuori del rapporto professionale, è infatti lei l’angelo del primo onirico romanzo di Cave “And the ass saw the angel”. A completare il quadro la collaborazione, questa volta in veste di corista, al tenebroso “Murder Ballads”, oltre che quelle con diversi altri artisti come Einstürzende Neubauten, Die Haut, Mick Harvey. Proprio a quest ultimo, che ha prodotto e suonato quasi interamente il cd in questione, possiamo riconoscere il ruolo chiave nella maturazione dell’artista d’origine australiana.
Dopo aver registrato insieme nel 1993 il primo album a nome Anita Lane, i due collaborano al progetto del doppio tributo in lingua anglosassone a Serge Gainsbourg (“Pink elephant” e “Intoxicated man”), superando egregiamente la prova, tant´è che proprio dal pop ammiccante ed esplicito di quelle due raccolte sembrano provenire alcuni dei brani di “Sex o’clock”. Ecco quindi archi a non finire ad sostenere l’ossatura di un album giocato sulla contaminazione fra stati d’animo ancor più che da generi musicali definiti. La voce solo apparentemente svogliata indugia spesso oltre la linea sottile che divide l’ammaliante fascino dalla lussuria, a provocare l’ascoltatore con soffusi miraggi di deja vu dolceamari.
Sia l’irresistibile tormentone iniziale “The next man I see”, che i raffinati recitati come “Do the kamasutra” si impongono fin dal primo ascolto all’attenzione, dosando equamente soul, R&B a chitarre disco anni ’70 che vorrebbero ribellarsi alla loro stessa natura.
Reminiscenze del periodo più inquieto come il doloroso affresco “The petrol wife”, paiono opporsi ad episodi quali l’omaggio a Gil Scott-Heron di “Home is where the hatred is”, ma non sono altro che le diverse facce di una caleidoscopica personalità, dove può trovare spazio anche una deliziosa cover in lingua di “Bella ciao” (sì, proprio quella), come non l’avevamo mai sentita. Qui è la sensualità ad arricchire di nuove suggestioni melodie che appartengono alla nostra memoria. Qualcuno griderà al sacrilegio…
Non importa. Anita Lane è qui per dimostrarci che è sempre “L’ora per fare l’amore”, che tutto parte da un sentire profondo, e a volte è possibile trovare il tempo per mostrarlo… questo disco ne è la prova.


Discografia:

Dirty sings (12”, Mute records, 1988)
Dirty pearl (Mute records, 1993)

Track List

  • Home is where the hatred is
  • |The next man I see
  • |Do that thing
  • |I hate myself
  • |A light possession
  • |I love you, I am no more
  • |Like Caesar needs a Brutus
  • |Do the kamasutra
  • |The petrol wife
  • |Bella ciao