Alessio Lega marenero
2017 - Autoprodotto
Dischi come quest’ultimo di Alessio Lega, per esempio, che si intitola "Marenero. Ritratto di un inferno bello mosso", e rispetto alle sortite precedenti ha di nuovo che non è un concept. Per dirla con parole del suo stesso autore “Le canzoni si sono affermate su ogni progetto che pensasse di racchiuderle. Non romanzo, non saggio, non sinfonia, questo è il mio primo disco proprio di canzoni, nato per le canzoni e sulle canzoni e null’altro”. Si sente. Si sente da subito. A volersi concentrare sull’aspetto musicale, per esempio, ci sta dentro tanta di quella roba che ti viene da pensare che il bello mosso del sottotitolo, discenda proprio da lì. Da una coloritura armonica che una traccia via l’altra avoca a sé cantilene elettrificate, parentesi teatrali, echi di pop latino, banjo, marcette Beatles style, citazioni dalla soundtrack del Pinocchio tv, balcanismi, Randy Newman, Dario Fo, parentesi sinfoniche. Tutto ciò che viene buono, insomma, per canticchiare sotto la doccia, facendo a meno delle parole. Il bello è che nella fattispecie le parole ci sono, e come sempre nei dischi di Lega, suonano come pietre.
Cito l’attacco della title-track. In quanto inno neo-anarchico, in quanto inno no-Tav, in quanto contraltare al grado zero di afasia in cui siamo precipitati tutti. Attori e spettatori. “Noi siamo il mare nero/ che di giorno sta calmo/ si muove lentamente/ si cela nel profondo/ in un fruscio leggero/ intona il proprio salmo/ un canto che gli viene/ dal termine del mondo/ e porta di lontano/ profumo di speranza/ invade la tua stanza / ti fa sentire strano / ti fa apparire estraneo / al gregge dei montoni / condotti nel macello / al suono dei milioni”. E poco dopo Petizione per l’affidamento dei figli alle coppie omosessuali, dove è calato l’asso di un pleonasmo che sfugge solo ai miopi o ai tardi benpensanti: “Davvero poi siamo entusiasti della famiglia eterosessuale?/ Che chi ha mostrato dov’era il bene/ che ci ha dov’era il male/ da non vedere più la prigione sciolta nel chiostro dei nostri denti/ E che i figli vengano su a posto( al posto esatto di noi perdenti”.
Riandando al succo del discorso: Alessio Lega è fra i pochissimi frequentatori non abusivi della canzone di contenuto. Da otto dischi in qua ne è il continuatore pedissequo, portavoce dell'originario spirito cantautorale. Questo disco-collage di tracce, spunti, passato, presente, suggestioni, omaggi, corsi e ricorsi storici - dell’amore, dei fascismi, dei luoghi insanguinati, dei luoghi dell’alienazione di massa -, Lecce, Milano (Stazione Centrale), italiani che non son tutti brava gente (Ambaradan), vecchi e nuovi poveri cristi (Angelica Matta, Hanno ammazzato il Mario in bicicletta) è in giro da oggi per dimostrarlo. In ultima analisi: Marenero è un disco che suona di tanto e quasi sempre bene. Un disco stratificato, comprova che cosa e come sono il sinolo inscindibile della canzone di contenuto, e Lega sa come tenerli insieme. Declinandoli in senso significativo. Fluido. Pungente. Pensante. Ultima cosa: mi sa che con Fiore di Gaza (Paolo Pietrangeli, quello di Contessa) ho trovato il mio personalissimo tormentone di quasi-estate. Dovrei farmi vedere da uno bravo? E allora quelli che vanno avanti a play-list di brani-saponetta?