Above The Tre & E-side Riot
2016 - La Casa della Grancetta
Il progetto piace e incuriosisce, a partire dal titolo. Perche quel “Riot”, rivolta, con cui il duo identifica l’album, è la definizione precisa di ciò che il disco vuole raccontare. Dalle sette tracce emerge la costante ricerca di originalità nella tradizione, la volontà di slegarsi dal “solito” fondendo tra loro mondi di suoni tanto diversi quanto coniugabili, “rivoltandosi” contro la stagnazione di un’industria musicale ancora troppo immobile. Mentre tutto resta fermo, Above the Tree & The E-Side corrono, vagano alla ricerca di un suono nuovo tra suoni e ritmi, tra afrobeat e blues, tra deserti e grattacieli, passando per il Missisipi
Il loro - e quindi anche il nostro - viaggio inizia con “Youth”, dove chitarre folk e drum machines si fondono per creare atmosfere liquide e suggestive che richiamo deserti e scenari tribali. La stessa dimensione ipnotica e di marca etnica ritorna anche in “Rainbow Revolution”, dove il suono coinvolgente dell’elettrica di Marco si accompagna ai ritmi incalzanti delle percussioni. “Aftersquare” è il regno dell’elettronica e delle sue sfumature più tribali e sperimentali. Il brano svolge quasi il ruolo ponte. Si scende dall’aereo, si prende la coincidenza e si arriva negli Stati Uniti con il blues tagliente e allo stesso tempo delicato di “Saggy Balls Team” . Ultima tappa del viaggio, la Germania, e più precisamente Berlino. “Immigrants Ltd” è un originale e ben riuscito riflesso dell’ambient techno di matrice tedesca dove suoni quasi rarefatti che richiamano atmosfere esotiche si mescolano al suggestivo eco delle onde del mare.
Come nel precedente lavoro “Wild”, il duo opta per la quasi totale assenza delle parole lungo tutto l’album. Una scelta non rivoluzionaria ma quantomeno rischiosa: senza una “guida” a cui aggrapparsi, chi ascolta avrebbe potuto perdersi e stancarsi. Grande merito, dunque, va a Above The Tree & The E-Side per aver saputo catturare l’attenzione attraverso un suono fresco, ricercato e mai banale. Quando la musica parla da sola, le parole non servono. In “Riot” le parole sono tutte da immaginare, ognuno, nei sette brani che compongono il lavoro, può metterci quelle che vuole. Ed è questo è il bello: ognuno di noi può avere la propria rivoluzione.