Baustelle

live report

Baustelle Teatro dell'Arcimboldi

25/02/2012 di James Cook

Concerto del 25/02/2012

#Baustelle#Italiana#Canzone d`autore Indie-pop

E’una serata di pioggia e neve a Milano, un lunedì di risultati elettorali. Mentre l’attenzione  dell’opinione pubblica è in gran parte attratta da questioni politiche, i Baustelle approdano al Teatro degli Arcimboldi. Quarta (ed ultima) anteprima, con l’orchestra sinfonica, del tour teatrale che presenta l’album Fantasma, pubblicato a fine gennaio, quarto e consecutivo sold out.

Non è la prima volta che assisto ad un live di questo gruppo che, ammetto, in diverse occasioni in passato, non è riuscito a coinvolgermi emotivamente. Stasera quindi sono particolarmente incuriosito e carico di aspettative per questa loro nuova veste “orchestrale”…

Quando, alle 21.15, si apre il sipario, capisco meglio il senso della scelta di suonare al Teatro degli Arcimboldi, imponente edificio ultimato nel 2002, che inizialmente aveva accolto gli spettacoli del Teatro alla Scala, in occasione della  sua ristrutturazione. Sul palcoscenico, è davvero un gran bel colpo d’occhio quello che mi si presenta: protagonisti della scena i tre Baustelle, seduti, con Francesco Bianconi al centro, Claudio Brasini alla chitarra e Rachele Bastrenghi al piano a mezza coda. A sinistra Sebastiano De Gennaro (percussioni orchestrali) e Ettore Bianconi (tastiere, synth), a destra Diego Palazzo (chitarra), Alessandro Maiorino (basso) e Paolo Inserra (batteria). Alle loro spalle l’Ensemble Symphony Orchestra di Massa e Carrara (oltre 30 elementi) diretta dal maestro Enrico Gabrielli.

Sullo sfondo, una gigantografia della copertina di Fantasma aleggia protettiva sul palco, mostrando il volto ad occhi socchiusi di una ragazzina con una cascata di capelli rossi sparsi intorno a sé.

Tutto il concerto, mi accorgerò poi, è studiato “in crescendo”. Nella prima parte, piuttosto tranquilla, è  l’orchestra in bella evidenza. L’inizio è affidato all’incipit orchestrale di Fantasma (titoli di testa), si prosegue poi con alcuni tra i brani più “seriosi” dell’ultimo disco (Il futuro, Nessuno, Diorama, Radioattività).

Una canzone dopo l’altra, mi rendo conto che, il “raccontato travestito da cantato" di Bianconi (così definito in una recensione che mi torna in mente), unito alla profondità dei testi, necessita di un ascolto davvero attento, direi concentrato, per “essere accolto” fino in fondo. Forse, proprio questo approccio decisamente cerebrale, ne limita l’impatto emotivo...

Dopo una piccola pausa ecco l’annuncio che, probabilmente, altri come me, auspicavano: “sta per arrivare la parte più brutale, dove verrà fuori la nostra vera natura di ragazzi di campagna…”.

Il ritmo in effetti cresce, Francesco e Claudio in piedi, Rachele, sempre al pianoforte, inizia a sciogliersi, accompagnando le musiche con il corpo. Scorrono Cristina, Contà l’inverni (con il suo testo in romanesco), Monumentale (con Rachele in piedi e Diego Palazzo al piano). Enrico Gabrielli toglie il frac, forse per alleggerire l’atmosfera estremamente formale e prosegue in maglietta.

Si passa quindi a brani più “convenzionali” per le sonorità dei Baustelle, seppur adattati all’esecuzione con l’orchestra: La Morte (non esiste più), La natura e Maya.

“...la vita non uccide più i nostri baci, i nostri sogni e le parole…parlami d’amore nonostante la stagione che verrà”: queste parole seguite da una melodia che si scioglie gioiosa e “leggera”, per me, ottimista a prescindere, sono l’occasione per ritrovare sulle labbra un sorriso fiducioso.

Come spesso accade, sono però alcuni brani del passato i protagonisti dei momenti più sentiti dal pubblico: L’aeroplano, Corvo Joe (lì, anche io mi lascio andare, comincio a cantare e torno col pensiero a bei momenti vissuti con questo brano in sottofondo), Alfredo, poi una cover di Leo Ferrè (Col tempo – perfettamente in linea con il tema protagonista del disco). Arriva la chiusura della seconda parte con L’estinzione della razza umana e Titoli di coda, un momento in cui ci ritroviamo immersi nelle atmosfere del rock sinfonico.

Al rientro ci attende una bellissima, struggente, Charlie fa surf: ascoltare, magari ad occhi socchiusi, questa versione orchestrale fa davvero bene al cuore, oltre che alle orecchie!  

Bianconi, in uno dei pochi momenti in cui interagisce con il pubblico, accenna una domanda sui risultati elettorali. La sensazione che ho, quando, senza quasi ascoltare le  nostre risposte, attacca i brani conclusivi, è che sia molto più concentrato su quello che succede sul palco, piuttosto che fuori. Chiusura “classica” con tripudio di pubblico, felice e soddisfatto.

Nel complesso posso dire che il concerto è stato perfetto dal punto di vista tecnico, dalla disposizione dei musicisti, ai suoni, alle luci, allo sviluppo musicale, perfino agli abiti di scena, sobri ma eleganti. I Baustelle hanno presentato quasi completamente il nuovo album, con tanto di echi del melodramma. La voce di Francesco è stata una bella conferma, anche nei registri baritonali, e di fatto, ha condotto lo spettacolo. Quella di Rachele (che ha lasciato il piano in pochissime occasioni) si è dimostrata precisa, ispirata e coinvolgente; Claudio e gli altri musicisti della band, sempre brillanti.

L’ottima acustica del teatro ha contribuito alla resa dei suoni, dando vita ad un impatto sinfonico denso di potenza e pienezza, meglio che su disco. L’orchestra, guidata magistralmente da Gabrielli, ha dato prova di compattezza, versatilità, ottimo interplay con il gruppo e, con una performance senza sbavature, ha sicuramente fatto la differenza.

Cresce ora la curiosità di mettere alla prova il live nelle prossime date, in cui la band si ridurrà a soli 10 elementi (con due ottoni al posto dell’ensemble). Secondo me, lo spazio tra il palco ed il pubblico, unito all’atteggiamento proverbialmente distaccato di Bianconi, ha limitato il pieno coinvolgimento emotivo, ma, lo spettacolo, nel suo insieme, è stato sicuramente all’altezza delle aspettative. Addirittura, nel mio caso, sono arrivato a rivalutare il disco, che mi era sembrato eccessivamente impegnativo, dispersivo, a tratti troppo pretenzioso. La riprova, ancora una volta, che è la dimensione live a dare la visione più completa ed obiettiva del progetto di un artista.