Miro Sassolini

interviste

Miro Sassolini Un ritorno (quasi) inaspettato.

29/09/2012 di Alfonso Fanizza

#Miro Sassolini

Icona new-wave anni ottanta e storico cantante dei Diaframma, dopo alcune brevi apparizioni come i Van der Bosch e la collaborazione con i (P)neumatica, passando attraverso l’esperienza come scenografo, redattore di giornale e artista di arti figurative, Miro Sassolini ritorna sulla scena musicale italiana a darci un significativo assaggio del suo indimenticabile timbro vocale.
Mescalina: Facciamo un salto nel passato con una domanda scontata: com’è iniziata ed è finita la tua esperienza con i Diaframma?

Miro Sassolini: Prima di tutto vorrei puntualizzate una cosa: il mio non è un ritorno inaspettato, chi mi conosce e mi segue sa da tempo che stavo preparando qualcosa di nuovo e speciale. Sperimentare un modo differente e innovativo di “fare musica” richiede tempo. Tutto il tempo di cui avevo bisogno.
La mia esperienza nei Diaframma è un mix di curiosità, casualità, opportunità, emozione, felicità, gloria, noia, frustrazione, cambiamento e abbandono. Dentro a questi stati d’animo, a queste varianti, dischi memorabili e tantissimi concerti in Italia e all’estero. Tutte le storie, professionali e non, hanno dinamiche molto simili tra loro: nascono, vivono il loro tempo, poi finiscono. 

Mescalina: Come icona della new-wave italiana, cosa ricordi della scena fiorentina degli anni Ottanta? E cosa ti è rimasto di quel periodo?

Miro Sassolini: Le icone non ricordano: sono le persone, che ricordano. È rimasto tutto quello che ho vissuto, chiaro. Tutto quanto, nel bene e nel male.

Mescalina: Dopo l’esperienza con i Diaframma ti sei dedicato ad altre attività come l’arte. Come e quando è nata questa tua passione?

Miro Sassolini: Ho dedicato gran parte della mia vita alle arti: prima, durante e dopo i Diaframma. Ancora oggi la ricerca artistica occupa gran parte delle mie giornate.

Mescalina: Negli anni Novanta, ti dedichi a due progetti come Van der Bosch e Abel De La Rue (tuttora inedito), mentre nel 2008 dalla collaborazione con i (P) neumatica nasce l’ep Le cose cambiano. Ci racconti di queste tue esperienze?

Miro Sassolini: Ho cominciato a pensare al progetto Van Der Bosch nel 1992, dopo un periodo di riflessione e riposo. Cercare e proporre un metodo per fare musica integrandola con altre arti, partire da un punto di vista diverso, sono state sempre per me priorità assolute. All'epoca non avevo le idee chiare sul da farsi, ci giravo intorno, sollecitavo stimoli. Erano gli anni in cui avevo fretta di cambiare aria, chiudevo porte e finestre della vecchia casa cercando di non dimenticare niente perché sapevo che non vi avrei fatto  ritorno. Avevo l’impressione di assistere all'eruzione di un vulcano espressivo di proporzioni gigantesche, come se nel decennio precedente avessi vissuto uno stato di quiete apparente; ero spaventato ma allo stesso tempo affascinato dalla prospettiva di ripartire da un altro zero. Il progetto Van Der Bosch è frutto di queste dinamiche. Sostanzialmente, è stato il mio primo tentativo di fare musica partendo da un punto di vista diverso: ho cercato di scavalcare il classico canovaccio musicale usando la scrittura come input iniziale. Un’esperienza massacrante ma fondamentale per gli anni a seguire.
Quella con i (P)neumatica dell'amico Maurizio Rocca è stata soltanto una bella collaborazione. La band stava registrando materiale nuovo, Maurizio mi chiese di partecipare, lo feci molto volentieri. In quel periodo mi trovato a Cagliari per la personale di disegni «La marea distante», ragion per cui per me non fu un problema unire le due cose. Mi sono divertito a cantare due pezzi del loro disco che, per varie ragioni, è uscito soltanto un paio d’anni dopo in download. Splendida esperienza che ricordo con grande affetto.

Mescalina: Torniamo al presente: da quanto coltivavi l’idea di questo nuovo progetto chiamato S.M.S.? E come sono avvenuti i coinvolgimenti della poetessa Monica Matticoli e di Cristiano Santini?

Miro Sassolini: Ho conosciuto Cristiano 7/8 anni fa, anche se ci eravamo già incrociati quando stavo nei Diaframma. Monica invece è apparsa all’improvviso come una madonna di Piero Della Francesca soltanto tre anni fa. La dama rinascimentale portava in grembo il seme di quello che sarebbe stato il progetto di «Da qui a domani», ma questo ancora lei non lo sapeva. Lo avrebbe scoperto poco tempo dopo, insieme a me. Prendersi fu istintivo, naturale come cercare l’acqua e bere quando si ha sete; decidere di collaborare quasi una necessità. L’inizio fu un balenare di tentativi confusi ma fortemente condivisi. Poco tempo dopo fui investito, travolto da quella nascita, dal parto delle sue idee. Le idee di Monica. Naturalmente più andavamo avanti più la famiglia cresceva: le idee erano diventate un progetto, più progetti, tanti progetti. Io non sapevo più cosa fare, il turbine creativo di Monica era inarrestabile, partoriva idee e concetti rivoluzionari con la stessa passione, la stessa forza espressiva di Artemisia Gentileschi. In una storia come questa, quando la contemporaneità si fa futuro, non resta che rivolgersi al nobile mecenate: nel nostro caso, il dotto Cristiano Santini. Sapevo da fonti certe che in quel di Bologna l’esimio aveva da poco inaugurato un loco per dame creative “partorienti” e melodisti reazionari. Partimmo immediatamente. Il nobile G, uomo di grande statura intellettuale, modi gentili e grande passione del cuore, ci disse: «Siate i benvenuti, restate». E noi rimanemmo. Questa è la vera storia del come, del dove, del quando e del perché.

Mescalina: Ci racconti un po’ del disco?

Miro Sassolini: Sarebbe bello se a questa domanda rispondessero i lettori, le persone che lo hanno ascoltato e apprezzato. Preferisco pertanto descriverlo con queste parole:
Da qui a domani è un'idea di Monica, un progetto che si fonde perfettamente con la mia idea di canto. Un percorso di composizione innovativo, quindi “opposto”. Il mio ritorno sulla scena musicale è forse il compimento di una ricerca che più di ogni altra ha teso verso uno sforzo di sintesi e complementarietà di diversi linguaggi artistici. È il risultato di dinamiche di ricerca distinte ma fuse in un incredibile meccanismo di interazione immediata. «Da qui a domani» è un capitolare indolore, un meraviglioso precipitare, una sintesi dell’infinito capovolgersi, una leggera piega nel sorriso di Monica. Da qui a domani è sartoria d’alta classe. Cristiano Santini: la fortuna di chi vive adesso. Federico Bologna: la grazia dello stile. Daniele Vergni: la potenza visionaria delle immagini e del suono. Angelo Gambetta: la micro percezione del campo visivo. «Da qui a domani» è una collaborazione destinata a durare nel tempo.
Detto questo: Da qui a domani è (soprattutto) un disco composto da dodici splendide canzoni. Due anni di lavoro partecipato e meticoloso, perché oltre alla creatività c’è un motore che detta i tempi, produce energia e la consuma. Spesso si pensa che un lavoro artistico o creativo debba essere solo ispirazione e pancia mentre non è così, quel che si mette in moto è un processo anche razionale. La scintilla è sempre frutto di un'intuizione, ma poi è compito della mente trasformarla in progetto. Questo progetto.

Mescalina: Com’è evoluta, o meglio com’è cambiata, la scena musicale italiana da trent’anni a questa parte?

Miro Sassolini: Tantissimo, soprattutto con l’avvento del web. Credo sia un discorso di mentalità. Solo negli ultimi dieci anni molto è cambiato in Italia. È un problema di formazione e comunicazione: molti gruppi nascono sui social network e non per conoscenza diretta, dunque è a mio parere normale che il livello di professionalità sia standardizzato così come lo è la qualità del prodotto. Anche economicamente ci sono differenze, ma questo è un discorso che meriterebbe uno spazio a parte. Tutti fanno musica, si fa fatica a riconoscere il “marchio di fabbrica”. Gran parte del retaggio culturale è andato perduto; la parola “musician” si usa molto poco a beneficio di “artist”: parole diverse che veicolano ruoli diversi e attribuiscono un valore improprio a chi lavora nel settore e, di conseguenza, al pubblico.

Mescalina: Ci sono gruppi/ artisti che segui con interesse?

Miro Sassolini: Amo molto il progetto Bologna Violenta di Nicola Manzan, un grande musicista e sperimentatore vero. Seguo poi con molta attenzione le gesta di certi cantautori: Davide Tosches, Giancarlo Frigeri, Giovanni Peli (probabilmente dimentico qualcuno...). Inoltre, ho grande ammirazione per i “silenti” lavori di Umberto Palazzo: il suo ultimo disco è veramente bello, a mio parere il miglior album italiano del 2011. Adoro da sempre la dimensione multimediale di Nicoletta Magalotti, vocalist eccezionale.

Mescalina: Qual è il tuo rapporto con i concerti? Hai in mente un tour promozionale?

Miro Sassolini: Il concerto è la mia dimensione più autentica, sul palco posso far esplodere gran parte del mio potenziale espressivo. Se avessi problemi con le dinamiche dei live e con il pubblico non farei questo lavoro. Detto questo: abbiamo preparato il nostro live-set nel migliore dei modi. Partiremo dall'Arterìa di Bologna il 28 ottobre. Sarà un lungo tour in progress che ci permetterà di suonare anche all’estero.


Mescalina: Ci troviamo, oramai, nell’era della globalizzazione informatica: in che rapporti ti trovi con le nuove tecnologie?

Miro Sassolini: Esistono vari gradi di coinvolgimento in tutte le cose che facciamo. Personalmente, mi sento poco coinvolto nel processo tecnologico in questione, lo considero e lo uso come farei con un elettrodomestico: quando ne ho bisogno o se non posso proprio farne a meno - ma questo non fa di me un borderline, anzi! Si possono scegliere posizioni e punti di vista più consoni al nostro modo di essere, si può percepire il mondo per quello che è realmente perché, nonostante tutto, nella vita reale rimane la centralità degli uomini e delle donne. A prescindere.

Mescalina: Per concludere, ci piacerebbe sapere quali sono i tuoi prossimi progetti.

Miro Sassolini: Ho la fortuna di “abitare” una dimensione creativa ricca come un filone aureo. Insieme a Monica sto gettando le basi per il prossimo album. Senza considerare il crescente numero di progetti paralleli. Il futuro è adesso.

Mescalina: Grazie e a presto.

Miro Sassolini: Grazie e te. Vi aspetto da questo autunno, in tour, ci conto.