Robert mcliam wilson Eureka Street
Fazi Editore, 1999, € 8,50 Narrativa Straniera | Narrativa
di Simona
Questa è la prima frase del libro, seguita da un punto e da un’interlinea di spazio, in modo da saltare agli occhi. Tuttavia non le si dà molto peso, considerandola più che altro una trovata banale che vorrebbe essere d’effetto. E’ però verso la metà del libro che si capisce come quell’incipit non sia una semplice trovata ma assomigli incredibilmente alla verità, o per lo meno a quella di McLiam Wilson. L’autore imbastisce una storia irlandese, irlandese del Nord, per la precisione, e ritroviamo molti ingredienti tipici: precarietà, sofferenza e soprattutto ironia. Chuckie e Jake sono due strambi trentenni nella Belfast del 1994. Chuckie è uno strampalato ciccione le cui più inverosimili aspirazioni si tramutano in realtà: novello Re Mida adiposo che trasforma in oro tutto ciò che tocca. Jake è un duro rompi-ossa, grande picchiatore ma patologicamente romantico, capace di innamorarsi perdutamente ogni volta che mette piede fuori casa. Chuckie vive in Eureka Street ed è l’unico protestante in una cerchia di amici cattolici: è amico di Jake, che vive in Poetry Street, e intorno a loro gira una simpatica giostra di personaggi comprimari. Le loro vicende proletarie e sgangherate ci accompagnano lungo le pagine del romanzo mentre, via via, lo sfondo si fa strada verso il primo piano.
“E’ solo in piena notte, dall’alto, che la città sembra un insieme organico, un tutto unico… Per quanto incantata e sfavillante, Belfast parla chiaro. Le bandiere, le scritte sui muri e i fiori sui marciapiedi parlano chiaro… Se volgete lo sguardo sulla città, vedrete chiaramente che c’è davvero qualcosa che divide i suoi abitanti: qualcuno questa cosa la chiama religione, altri politica, ma è solo il denaro il vero motivo di differenza e discordia…Belfast è una città a cui è stato strappato il cuore… Una città non può sopravvivere se non sa dove sbattere la testa.”
Belfast con le scritte sui muri, Belfast con i quartieri divisi da barriere visibili e invisibili, Belfast con la sferzante pioggerellina grigia, con la gente rassegnata, ironica e rabbiosa. E’ la sua particolarità a condizionare le vite dei personaggi, loro malgrado. Gradualmente lo intuiamo, poi la città irrompe nell’atmosfera bislacca con la sua storia di violenza e morte.
“Tuttavia, l’esplosione di Fountain Street è, di per sé, un elemento secondario…I cadaveri e i corpi dilaniati ne sono solo una conseguenza…le vittime sono per lo più personaggi oscuri, di cui nessuno si preoccupa, men che meno gli attentatori. A noi solo importa.”
Per questo ogni storia è una storia d’amore: perché è lo sfondo ad essere amato. Ogni singola vicenda umana ne fa parte e lo arricchisce, così che tutto il groviglio di strade, persone e monti continuano a intrecciarsi, disegnando mutevoli piccole storie e una sola grande storia perenne: inscindibili.
“L’intera superficie pullula di vita. Il terreno è reso fertile dalle ossa dei suoi innumerevoli morti. La città è uno scrigno di storie e di racconti presenti, passati e futuri. E’ un romanzo…. Anche la persona più noiosa e ordinaria è un racconto che non teme il confronto con la trama più bella e più ricca di Tolstoj… Ma per ora sono ancora a letto e le loro storie sono temporaneamente sospese. Dormono, come Jake. Sono meravigliosi così addormentati: eroici, commoventi e vulnerabili. A Belfast, come in ogni altra città, c’è solo un tempo, il presente, e ogni strada si chiama Poetry Street.”
Questo è un romanzo con una complessità di fondo tradotta in ironia e rapidità; capace di coniugare in modo credibile “la commedia della vita che prende il sopravvento sulla tragedia della morte”, assimilandone ogni volta la drammatica consapevolezza.
“Non era chissà che, lo so, anzi, un fatto da niente, ma improvvisamente Belfast mi sembrò di nuovo una città in cui valesse la pena di abitare. Perché a volte quei suoi abitanti erano uno splendore. A volte, erano davvero uno splendore.”
Il giovane autore scrive benissimo: niente a che vedere con schizzi simili a sceneggiature cinematografiche. La sua scrittura è ricca ma non ricercata; è lucida e non teme l’approfondimento. I dialoghi sono divertenti, le descrizioni fresche ed empatiche senza essere retoriche. Ecco quindi un altro talentuoso scrittore irlandese: terra prolifica di penne capaci. Così, siccome c’è molta, molta Irlanda in questo romanzo, se si ama quella terra vale davvero la pena di farsi un giro in Eureka Street.
“Avevano tutti una storia. Avrebbero dovuto diventare lunghi romanzi, splendide narrazioni di ottocento pagine e più…Che cos’era accaduto? Una cosa molto semplice: storia e politica erano giunte a un vicolo cieco. Un individuo, o forse più di uno, aveva stabilito che era necessario agire e alcune storie erano state troncate, abbreviate. Semplice. Le pagine che seguono risentono di tale perdita. Il testo è meno ricco, la città più piccola.”