Sandor Màrai

Sandor Màrai Le braci


Adelphi, 1999

di Francesco Ongaro
Un fuoco brucia poche ore, poi si spegne. Le fiamme si trasformano in braci e lentamente si raffreddano e diventano cenere, che il vento disperde. Le braci conservano il calore delle fiamme, la loro forza, senza più essere fuoco. Come ne perpetuassero la memoria.
Il libro di Màrai è un libro sulla memoria. La memoria del fuoco di una passione che si è spenta trasformandosi in tiepide braci. Il calore di una passione che avvelena il sangue e acceca la mente, il tepore di una rivincita attesa a lungo. La memoria come senso di sopravvivenza a se stessi e al mondo, che perde la memoria giorno per giorno e si affida inutilmente agli uomini per recuperarla.
Henrik e Konrad sono amici – di quelle amicizie che forse solo nei libri si riesce a trovare – e amano la stessa donna, Krisztina, che è moglie di Henrik. Opposti sentimenti, il tradimento, il desiderio, la tentazione dell’omicidio. Poi Konrad sceglie la fuga e i due amici/rivali si ritrovano a 41 anni di distanza. Il fuoco della passione è diventato brace, alimentata dall’alito dei ricordi di Henrik, che l’hanno tenuta viva con una cura e un’attenzione maniacali. Il tempo trascorso ha cambiato il mondo; i volti, i suoni, gli odori che hanno fatto da sfondo alla gioventù dei protagonisti non esistono più. Krisztina è morta. Henrik e Konrad sono superstiti di un’epoca ormai scomparsa: la Vienna splendida di fine impero, la Vienna di Francesco Giuseppe, degli Strauss, di Klimt. La grande cultura mitteleuropea, sepolta sotto le ceneri delle Grande Guerra. E si accorgono alle soglie di un nuovo sanguinoso conflitto con un senso di smarrimento e distacco che li rende inadatti, a tratti patetici e a tratti malinconici, ostinatamente abbarbicati ad una dignità che non hanno più ragione d’essere. Ha senso mantenere accese per tanti anni le braci delle passioni umane? Che valgono gli amori e i tradimenti di singoli uomini a fronte delle grandi tragedie dell’umanità intera?
L’incontro/scontro tra Konrad e Heinrik si tramuta in un lungo monologo di quest’ultimo. Ci sono domande alle quali non è ancora riuscito a rispondere. Sono le domande che porrà a Konrad, l’unico che può scoprire l’ultimo velo. Poi il tempo proseguirà per la sua strada, abbandonando i protagonisti alla loro solitudine. Al silenzio della morte.
Un libro sulla memoria.
Un libro sulla rivincita e la disillusione.
Un libro sull’orgoglio e la presunzione degli uomini.
Un libro che racconta di come si riesca a sopravvivere incarnandosi nelle proprie ossessioni.

Bella e indovinata l’immagine di un quadro di Klimt sulla copertina, un artista che come pochi ha saputo trasporre nella propria opera la spirito di un’epoca.

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