Anna Politkovskaja

Anna Politkovskaja La russia di putin


Milano, Adelphi 2005 - pp. 293, € 18.00 Società

di Luca Meneghel
“Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato un’informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare”

Anna Politkovskaja, dicembre 2005

7 ottobre 2006: nell’ascensore di un palazzo viene ritrovato il corpo di una donna con un proiettile conficcato in testa; di fianco al corpo, quattro bossoli e una pistola. La polizia pensa subito ad un killer professionista (non ancora individuato, così come il mandante). Brutale, certo, ma niente di straordinario: sembra un semplice regolamento di conti, comune in tutti gli stati occidentali e non. Qui però, di normale, c’è ben poco.
Siamo in Russia. La donna uccisa è Anna Politkovskaja, giornalista della «Novaja Gazeta», da anni in lotta a favore dei diritti umani contro il suo presidente, Vladimir Putin, che critica pesantemente (dalle colonne del suo giornale e con libri diffusi prevalentemente in Occidente) per ogni aspetto della sua politica (sociale, economica, militare). Nello stesso periodo, anche un’ex spia del Kgb (il famoso Litvinienko, avvelenato col Polonio) viene fatta fuori, in un pieno regolamento di conti teso all’eliminazione sistematica di tutti gli avversari di Mr. Putin. Nelle settimane seguenti l’opinione pubblica, russa e non, si divide in due: gli oppositori di Putin lo additano spudoratamente come mandante, il presidente e i suoi sostenitori parlano invece di complotto ai danni della sua immagine. La (vera) verità, statene certi, mai emergerà: dopo l’eliminazione della Politkovskaja, Putin si è comunque visto costretto (sotto fortissime pressioni internazionali, statunitensi in primis) a dare il via ad una commissione d’inchiesta e a condannare il delitto (ricordando che, comunque, l’influenza della giornalista sull’opinione pubblica russa era davvero minima). È stata dunque la morte, come troppo spesso accade, insieme (in misura certo minore quanto a risonanza) al Premio Letterario Internazionale Terzano Terzani 2007, a riportare in vetrina quel La Russia di Putin che Adelphi pubblicò già nel 2005 (basandosi sul testo originale russo, più ampio della versione inglese uscita l’anno precedente). E’ triste scoprire una grandissima donna, prima ancora che una grandissima giornalista, solamente perché ora non c’è più, ma forse il suo sacrificio a favore della libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo porterà oggi molte più persone a toccare con mano, attraverso i suoi articoli e le sue pagine, quel mostro travestito da democrazia che si chiama Russia.
Veniamo al testo, dunque. “Questo libro parla di un argomento che non è molto in voga in Occidente: parla di Putin senza toni ammirati”, avverte subito la giornalista, e più avanti precisa come il presidente “non ha saputo estirpare il tenente colonnello del Kgb che vive in lui, e pertanto insiste nel voler raddrizzare i propri connazionali amanti della libertà”. Dura, durissima, come sarà in ogni pagina: un lungo viaggio, impegnativo, nel quale Anna passa il microfono a molti connazionali per tratteggiare quella che è la società russa del ventunesimo secolo, un cosmo che puzza ancora di corruzione, purghe, terrore. La prima parte del libro è dedicata all’esercito: vero e proprio campo di concentramento per le giovani leve, sottoposte a vessazioni inimmaginabili da parte di superiori crudeli e sempre ubriachi; ecco poi l’Fsb, degno erede del Kgb, con processi farsa, creazione di falsi documenti e confessioni, sospetti che scompaiono temporaneamente nel nulla (giusto il tempo di una settimana di torture). Ampie parti del libro sono poi dedicate a singoli personaggi inquietanti come il colonnello Budanov (che violenta e uccide una giovane cecena) e il mafioso Fedulev: attraverso le storie dei singoli emerge il ritratto di una Russia ancora invischiata nello stalinismo, uno stato dittatoriale con parvenze democratiche in cui vige un’immensa corruzione generalizzata e la giustizia altro non è che un braccio del potere. Dopo un excursus nella terribile vita di provincia, la parte finale del libro è un vero pugno nello stomaco: la tragedia del teatro Dubrovka e conseguente incremento del razzismo e della repressione fisica nei confronti dei ceceni, nemico pubblico numero uno nella guerra al terrorismo lanciata da Putin.
Al di là delle pacche sulle spalle da parte dei leader europei, che osannano Putin (maggior fornitore di gas…) e mai osano contraddirlo, tutti dovrebbero leggere libri e articoli della Politkovskaja per scoprire come vicino a noi, tutte le mattine, una dittatura si trucca accuratamente da democrazia. Smascherarla è semplice: basta andare in libreria.